Vado sempre io a fare la spesa, lo preferisco. Mi ritaglio qualche ora perché mi piace un sacco stare a guardare ogni scaffale, guardare ad uno ad uno ogni prodotto e mi infastidisco un po’ se c’è gente e bisogna scegliere in fretta per fa spazio alla signora trafelata con cronometro alla mano ansiosa di ottenere il nuovo guinness 30 prodotti in 30 secondi, magari senza carrello costretta a tenere tutto impilato sulle braccia, surgelati compresi. Ad ogni modo, non esco dal supermercato mai totalmente soddisfatta, manca sempre qualcosa, quel marchio, quel prodotto, quel gusto; per non parlare del reparto ortofrutta: lì è impossibile trovare ciò che voglio, pertanto cambio fruttivendolo come fosse il parrucchiere.
Questo mese l’attenzione si è fermata alla corsia pasta, ogni casa ha i formati tipici: spesso penne, spaghetti raramente, fusilli ogni tanto, conchiglie solo con la ricotta, corallino per i brodi e spaghettini spezzati per le zuppe. E se il corallino diventava ditale io non lo mangiavo, da piccola sono sempre stata capricciosa con la pasta a meno che non fossero gli spaghetti al pomodoro. Il mio piatto preferito da sempre, con il pomodoro estivo, quello dolce, succoso, fatto cuocere a lungo e poi imbottigliato per averne scorta durante l’inverno. Quella salsa al pomodoro in cui gli spaghetti nuotavano, salsa che schizzava ovunque e che alla fine lasciava una bel baffo rosso in faccia.
Adesso c’è una grandissima varietà di pasta, non entrando nel merito di grani selezionati, lavorazioni a freddo e tempi lunghi di essiccazione, mi riferisco ai formati: bombardoni, farfalloni, radiatori, racchette, strangozzi e tripoline, garganelli, torchietti, cellentani e pipe rigate. Lo ammetto, i radiatori li ho pure cucinati e a parte il nome un po’ indigesto, non erano niente male un formato ibrido tra un fusillo e una casereccia che accoglievano bene il condimento.
Ritornando in medias res, quest’oggi la lista della spesa è compatta e considerando di dover cucinare per pranzo, il ché non avviene se non due volte a settimana, sono stata velocissima e mi sono messa subito all’opera. Il risultato? Strepitoso, anche non utilizzando il sugo pronto di mammà!
Ingredienti per 4 persone:
Pasta calamarata: 400 g
Calamari: 500 g
Pomodoro ciliegino: 500 g
Aglio: uno spicchio
Zucchero: 1 cucchiaio
Origano fresco: qb
Sale: qb
Olio: qb
Pepe in grani: qb
Per prima cosa, lavate i pomodorini e tagliateli a metà. Sistemateli in una pirofila tutti in fila e irrorateli con una emulsione ottenuta miscelando in una ciotola una presa di sale, un cucchiaio di zucchero e quattro cucchiai di olio. Condite ancora con qualche fogliolina di origano fresco e una grattata di pepe. Infornate a 200°C per almeno mezz’ora.
Nel frattempo pulite i calamari e tagliateli ad anelli. In una padella scaldate un filo d’olio con uno spicchio d’aglio in camicia, aggiungete i calamari e cuoceteli. Una volta cotti aggiungete i pomodori confit schiacciando qualcuno con la forchetta, ottenendo così un gustoso sughetto. Regolate di sale.
Fate cuocere in abbondante acqua salata la pasta per il tempo indicato sulla confezione, io per 13 minuti, tenendo al coperto ma a fuoco spento il sughetto per evitare che si asciughi. Una volta cotta la pasta, l’ho mantecata per un minuto nella padella e profumata con altro origano fresco.
Con questo gustosissimo primo piatto partecipo all’MTC di Maggio che ha come madrina la bravissima Paola Sabino, vincitrice dell’MTC di Aprile.